LE MOLTE ANIME CHE CI ABITANO
Il linguaggio, il gioco e l’immaginazione
nello shiatsu
Valeria Allegretti giugno 2005
PREMESSA
Il
riferimento a Pessoa nel titolo vuole evidenziare una visione dello shiatsu come
strumento che permette di integrare le componenti dinamiche della persona in
modo da renderne riconoscibile la poliedricità e l’unicità, aumentando la
consapevolezza di sé.
Come
in una fotografia, la cui bellezza vive del gioco dei chiaroscuri e dei contrasti
che la luce leviga facendoli trapassare uno nell’altro, così la ricchezza di
una personalità, il suo spessore, si mostrano nella possibilità di riconoscerci
come unità nel dialogo tra le diverse istanze, consce e meno consce.
La
visione integrata e dinamica della persona, caratteristica del pensiero
orientale, e quella dualistica, caratteristica del pensiero occidentale,
possono infatti convergere nello shiatsu ed il campo energetico che si forma
tra operatore e ricevente appare come un mezzo
(come strumento e come spazio) in qualche modo ideale per considerare alcuni
aspetti del pensiero filosofico occidentale in cui è forse possibile trovare un
fondamento ontologico per la disciplina.
Giulia
Boschi[1]
ha mostrato molto bene quanto il pensiero scientifico contemporaneo si stia
avvicinando sempre di più alla concezione cosmologica della antica Cina
riguardo al rapporto materia/energia.
Il
presente lavoro prende invece le mosse dal linguaggio e dal suo profondo
rapporto con la dimensione stessa dell’essere (è la modalità primaria con cui
viene strutturato il mondo) e, attraverso l’immaginazione e il gioco, mediante
l’analisi di due casi studio, tende ad
evidenziare la presenza ed il ruolo
della dimensione estetica nello shiatsu.
Infatti
la filosofia del linguaggio, in particolare attraverso le istanze poste da
Wittgenstein[2], è quella
che ha rotto definitivamente il concetto base della metafisica del rapporto tra
soggetto e oggetto della conoscenza come elementi separati.
C’è
poi una linea del pensiero epistemologico, estetico ed ermeneutico che si snoda
da Kant – il Kant della “Critica del
Giudizio” – attraverso Husserl, Heidegger, Gadamer che vede nel nesso
essere-linguaggio la radicalizzazione e la risoluzione di quelle istanze ed
enuclea il ruolo della componente estetica in ogni processo conoscitivo proprio
sulla base di una visione integrata tra soggetto e oggetto della conoscenza.
Le
molte anime che ci abitano
Il linguaggio, il gioco e
l’immaginazione nello shiatsu
IL LINGUAGGIO
Scrive Wittgenstein: “ … il concetto generale di significato della parola circonda il
funzionamento del linguaggio di una caligine che rende impossibile una visione
chiara. La nebbia si dissipa quando studiamo i fenomeni del linguaggio nei modi
primitivi del suo impiego …” [3]
Il fatto è che la comunicazione è un processo che si
attiva a partire dal destinatario, non esiste mai alcun atto comunicativo se non per un soggetto che
interpreta, agisce e interagisce.
E' nell’incontro con un soggetto vivo, attivo e
attento che la comunicazione si produce, è nell'intersecarsi dei messaggi con
il nostro patrimonio di significati che un'informazione trova la sua
collocazione.
La comunicazione è il risuonare di echi nella nostra
testa, è il nostro continuo interpretare indizi per costruire un senso che non
è mai compiuto all’origine.
Ciò che facciamo, in continuazione,
è quindi cooperare alla produzione di significato attraverso la nostra
pratica, la nostra relazione e il nostro coinvolgimento con i segni che una
comunità mette a disposizione del nostro orizzonte.
Ne
discende che la comunicazione è un processo di arricchimento continuo, anche
quando sembra che vi sia una "perdita" nel passaggio (come una
perdita di segnale nel trasferimento di dati). Certo, in ogni “passaggio” vi è
il rischio di deriva, di fraintendimento, di errore, ma è proprio in questo
gioco continuo che è possibile la creazione di significati nuovi, è proprio in
questo gioco delle interpretazioni che si costruisce qualcosa che chiamiamo
“verità”.
Tutte
queste considerazioni non nascono con lo shiatsu, ma trovano nel muto dialogo
che si svolge durante il trattamento un chiaro esempio, amplificato dalle
caratteristiche e dalla potenza peculiare del linguaggio del corpo che, come
modalità “preverbale”, istintiva e primaria, può considerarsi la forma di
comunicazione per eccellenza. Il contatto corporeo, infatti, è stato lo
strumento privilegiato della nostra conoscenza del mondo e del discernimento
delle emozioni
La
potenza di questo linguaggio è tale da renderlo in qualche modo sconcertante,
la sua essenzialità va a toccare il cuore stesso del nostro essere, ci rende
particolarmente parsimoniosi nel gestire tale ricchezza: il gesto
confidenziale, il contatto fisico permettono la circolazione di emozioni
primarie che possono darsi e dirsi soltanto in determinati contesti. L’atto
maldestro dell’urtare il vicino, ad esempio, viene sempre neutralizzato da
espressioni di scusa, nei luoghi affollati tendiamo a preservarci uno spazio
vitale la cui violazione fa scattare l’intolleranza.
Per
questo lo shiatsu, utilizzando il contatto e grazie alla visione integrata e
dinamica della persona, può arrivare a costituire - quando si creino le
necessarie condizioni di fiducia e apertura-
un luogo privilegiato del libero manifestarsi della personalità.
1° Caso Studio – Paola: Il teatro
Paola
ha 42 anni, 1,60 circa di altezza, di forme morbide, chiara e delicata di
carnagione, capelli castani, occhi scuri, pungenti e vivaci. Tono di voce
“sopra le righe”. E’ sposata ed ha una figlia di 5 anni avuta subito dopo il
matrimonio, quasi laureata in matematica lavora come impiegata.
Si
rivolge allo shiatsu per la prima volta nella speranza che le sia di aiuto
per “rompere il cerchio” che si è
creato tra farmaci che assume per curarsi e che creano a loro volta altri
problemi per cui si rendono necessari altri farmaci.
Infatti
Paola si ammala spesso (raffreddori, influenze, mal di gola che cura con
antibiotici) ed è afflitta da sempre da emicrania (che considera un fattore
genetico e allevia con anti-infiammatori) e dismenorrea. E’ipocondriaca e
perennemente preoccupata di essere infettata da virus e batteri o di trovarsi
coinvolta nelle diverse situazioni pericolose enfatizzate dai media (dalla
SAARS alla pedofilia passando per la mucca pazza). Per placare l’ansia che la
affligge prende lo Xanax cercando di diminuire progressivamente la dose
quotidiana per poterne fare a meno.
Per alcuni mesi ha accusato disturbi nel sonno
(si svegliava nella notte non riuscendo a riprende sonno), ma ora va meglio (si
sveglia solo per cause esterne) e trova
sollievo con la melatonina che ha sostituito recentemente un farmaco più
aggressivo. Soffre il freddo ma lamenta eccessi di sudorazione sulle palme delle
mani e sotto le ascelle.
Non
molto incline al movimento, si stanca spesso, cammina lentamente, non pratica
sport né coltiva altri interessi, la
sua vita è ripartita tra famiglia e lavoro.
In
passato ha frequentato corsi di Haikido e di meditazione trascendentale,
interrotti per paura degli aspetti “esoterici”.
Estroversa
(racconta con molti dettagli le sue situazioni) e dotata di intelligenza pronta
e vivace, razionale e spesso polemica, mostra la tendenza ad avvilupparsi in
circoli viziosi, ragionamenti senza sbocco e ad arrovellarsi intorno ad idee
fisse. Rispettosa (anche in eccesso) delle regole e dell’autorità -che soffre
profondamente se non interpretata autorevolmente – è dotata di grande senso di
responsabilità.
Ansiosa
– e credo di poter interpretare la sua ansia come preoccupazione che con il
rimuginare sfocia nella paura – spesso è preda di accessi di rabbia che
manifesta in modo teatrale. Problematici i rapporti con la madre il cui
atteggiamento poco rispettoso la fa sentire continuamente in colpa nei
confronti della figlia.
Schema
dei trattamenti
Paola |
Prima
del trattamento |
KYO |
JITSU |
Durante e Dopo |
5.11.04 |
Dolori
diffusi al petto, alla schiena e alle braccia . Tesa e preoccupata degli
effetti del trattamento |
C |
MP, F |
Appare
sconvolta. Nei 2
gg successivi aumento dei dolori in tutto il corpo quindi attacco di panico
notturno (la seconda volta nella
vita) con sudorazione abbondantissima. Si sente però liberata dalla paura di
nuovi attacchi di panico Confessa
di aver avuto un “pensiero semplice” per spiegare i suoi comportamenti
contradditori: focalizzare cosa è “chiuso nel guscio” e di cui non riesce a
liberarsi |
11.11.04 |
Aspetto
complessivamente migliore della volta precedente come colore e come umore.
Risente di problemi intestinali |
IC |
VB
e F |
Freddo
e senso di benessere. Il
giorno dopo emicrania. Stipsi per i successivi 4 giorni (di solito intestino
regolare) |
23.11.04 |
Ritardo
del ciclo in genere regolare (paura di essere di nuovo incinta); litigio con
la figlia di 5 anni e con la madre |
F, VB |
MP |
Reazione
di scarico (un vera cascata d’acqua) del 2° ramo di Vu. Respiro profondo,
senso di benessere. Il
giorno dopo ritorno del ciclo senza i consueti dolori “invalidanti”. Dopo
alcuni giorni conferma: ciclo più lungo ma molto meno doloroso. |
2.12.04 |
Fitte
acute alla testa e alle spalle, blocco del collo. Senso di colpa nei
confronti della figlia con la quale continuano i litigi. Ha subito rimproveri
che ritiene ingiusti sia al lavoro sia da parte del marito immotivatamente
geloso |
C |
VB, VU |
Appare
rasserenata e più positiva |
10.12.04 |
Smarriti
autoradio e telefonino (ma ancora non lo sa). Molto
preoccupata per i rapporti con il marito |
F |
IT |
Scopre
di avere smarrito il telefonino e decide di chiarire i rapporti con il marito
per farsi accettare non solo per il ruolo di madre ma come personalità
completa. Il
giorno dopo si accorge che l’alcool le provoca mal di testa . Smette di bere e poi di fumare. |
I
trattamenti sono stati caratterizzati dalla costante presenza dell’occhio
vigile di Paola e dal suo bisogno estremo di razionalizzare ogni evento ed ogni
particolare azione e reazione.
Il
setting si è così trasformato in un laboratorio
scientifico che come tale comprende l’occhio del “ricercatore”.
Paola
infatti rifiuta di rilassarsi, vuole rimanere a tutti i costi vigile (“non è un trattamento estetico”
afferma con decisione), riesce a rendere disponibile il corpo (o è il corpo
stesso a rendersi disponibile?), ma non “cede” la testa né le spalle. Prova
dolori in quasi tutti i punti di contatto.
Il
corpo rivela sin dal primo contatto un linguaggio suo proprio, messaggi urgenti
da trasmettere quasi “urlati”, la presenza di una gran quantità di energia
vitale esuberante, ma in gran parte bloccata o sfuggente. Sembra di essere su una polveriera pronta ad
esplodere. L’energia infatti genera
reazioni percettibili, addirittura evidenti lungo i meridiani tra punti anche a
grande a distanza (dalla caviglia alla testa, dalla colonna al polso e alle
dita), i dolori acuti scompaiono per riapparire a qualche distanza. Paola
riconosce benissimo il percorso dei meridiani, in particolare quello di Cuore.
Ed
eccolo il circolo vizioso, come in una galleria di specchi: la vita emozionale
(assai povera a livello di coscienza in quanto – per esplicita ammissione –
tutta focalizzata su ansia e rabbia) si esprime attraverso il corpo, anzi si
potrebbe dire che è tutta delegata al corpo. E il corpo - già sovraccarico
- cerca di farla uscire, ma la volontà
di ricacciarla nell’ombra è troppo forte.
Il
meridiano di Cuore manifesta il profondo bisogno di armonia complessiva
corpo-mente, di completezza della vita affettiva e di comprendere, dare senso ai
suoi atti.
Il
problema era a questo punto rispondere a questa istanza prepotente e chiara del
corpo e contemporaneamente all’altra, altrettanto presente e pressante, di razionalità.
Così
la comunicazione, il muto dialogo è avvenuto inizialmente su un doppio livello
e per la prima volta nel corso di questo ciclo di trattamenti ho avvertito
chiaramente quella deriva del senso cui sopra si accennava, la possibilità del
fraintendimento. Infatti più mi
sembrava di essere interamente all’interno della situazione e del campo
energetico, di esserci con la massima chiarezza, trasparenza e solidità, più
“l’occhio” scambiava la mia concentrazione per preoccupazione (rispetto al suo
stato di salute). La mia attenzione era principalmente puntata sul corpo, sulle
relazioni tra le sue parti, tra i meridiani,
le reazioni agli input e al dolore.
Poi
mi sono accorta che il campo energetico si allargava e che stavo provando in
realtà una forte simpatia per quella energia ribelle e che – ben lungi
dall’essere preoccupata – ne percepivo chiaramente le potenzialità di
autoguarigione. Allora il setting è diventato un grande teatro dove ho
cominciato a creare personaggi giocando con i meridiani, con quella testa rigida
e quasi “priva” di collo, con le spalle “a carapace”, tese come tamburi. E le
parole chiave che avevo in mente erano “leggerezza” e “semplicità”.
Il
pubblico era formato da me e dall’”occhio”, in scena davano “la piéce” tra
Terra (nel suo aspetto di Milza Pancreas) e Legno (in entrambi gli aspetti).
Forse
i due elementi erano inizialmente alleati a sostegno e controllo dell’intera
personalità contro l’ombra, ma ora stavamo assistendo ad una forte prevalenza
del Legno (iper-controllo e rabbia) rispetto alla Terra (scarsa inclinazione al
movimento, tendenza allo sviluppo di idee fisse, preoccupazione), forse dopo la
maternità che - pur voluta - le ha cambiato la vita (spesso dichiara: “io non
ero così… uscivo tutte le sere, andavo in palestra, ai concerti, avevo tanti
amici, amavo vestirmi e truccami, avevo cura di me…”).
Una
dinamica duplice: da una lato VB sopperiva con la sua funzione di controllo
all’incapacità di MP di razionalizzare aspetti e variabili ormai troppo
complessi e troppo intrecciati, controllava ma non distribuiva bene, anzi si
irrigidiva su schemi prefissati lasciando che la rabbia dilagasse come una
grande coperta a nascondere e mascherare tutte le altre emozioni che man mano
cercavano di affiorare (ciclo di inibizione).
La
dimensione intima del Cuore era quella più colpita.
L’Acqua
si era fatta carico di fluidificare gli aspetti psichici (II ramo di V) e
purificare il corpo dall’eccesso di farmaci, ma che il compito non fosse facile
lo dimostra la sensazione di panico a tarda notte.
Dopo
questa prima reazione di scarico e depurazione completa dell’organismo, Paola
lascia venire piano alla luce gli aspetti psichici ed emozionali che il corpo
stesso rappresenta mettendoli in scena di volta in volta.
Così
entrano in gioco tutta una serie di
altri personaggi e situazioni, la bambina, la madre, i colleghi, il capo
ufficio, fino all’ultimo trattamento
quando l’evento di smarrimento del
cellulare (ultimo - o forse primo - atto di un
momento di tensione con il marito) è stato riconosciuto e gestito
interamente all’interno del setting in un crescendo di pensieri, azioni,
ripensamenti, risoluzioni. Il ruolo del Tenue (assimilazione) rispetto al
Fegato (rabbia e frustrazione) durante il trattamento era stato assolutamente
rappresentativo: prima “chiude” e allontana gli oggetti rumorosi che complicano
i suoi rapporti con il marito (hanno una sola macchina quindi l’autoradio è in
condivisione e il cellulare è ovviamente strumento di “persecuzione”) poi faticosamente elabora tra accessi di rabbia e
di paura, quindi accetta la situazione e decide di affrontarla alla radice.
Nel
corso del ciclo le correlazioni evidenziate in tabella sono sorte
spontaneamente e raccolte dalla viva voce di Paola (il “pensiero semplice” per
MP e C, il “guscio” per il Crasso – guscio che ancora oggi costituisce il fil rouge del suo lavoro su se stessa..)
ed alla fine, ad una mia reazione
interrogativa circa un ritorno del mal di testa (pensavo all’emicrania),
dichiara candidamente: “e me lo chiedi proprio tu che mi hai trattato il
Fegato? Ieri sera a cena ho bevuto un bicchiere di vino in più: è per questo
che ho mal di testa , devo assolutamente smettere perché mi sono resa conto che
mi fa male”. Finalmente era entrata nel
gioco.
A
partire da gennaio Paola intraprende – per la seconda volta nella vita – un
percorso analitico ma questa volta non attraverso la psicoanalisi del profondo
(l’esperienza shiatsu le ha fatto ricordare il suo primo analista che aveva
cercato farla mettere a testa in giù per raddrizzarla), ma si rivolge ad un
approccio comportamentale per trovare strumenti pratici di gestione dell’ansia.
La diagnosi di “isteria” la soddisfa pienamente, vi riconosce le dinamiche
mistificatorie (emozioni/malattie) descritte dal punto di vista energetico, ma
lo strumento diagnostico del test analitico la tranquillizza moltissimo (è
“scientifico”). Afferma che tornerà allo shiatsu quando starà bene per sentirne
gli effetti rilassanti e piacevoli. Ho occasione di trattarla ancora una volta
mesi dopo per un torcicollo e … (quale soddisfazione) “il mio collo è arrivato
dove non pensavo mai che potesse arrivare” dichiara.
L’IMMAGINAZIONE E IL GIOCO
La
densità dell’esperienza non deve farci perdere di vista il carattere della
comunicazione che, dopo un fraintendimento iniziale, ha preso vita nella
dimensione immaginativa e partecipativa del gioco e, solo in questa dimensione
ha permesso la costruzione di un senso, o meglio il venire liberamente alla
luce del mondo della persona.
Questo
carattere del campo energetico richiama fortemente quello “spazio
transizionale” che Winnicott[4]
ha evidenziato come elemento fondamentale nello sviluppo della personalità. Si
tratta della peculiare dimensione spazio-temporale in cui ruotano realtà e
fantasia ed in cui avvengono esperienze creative e compensative come il gioco e
dove origina il concetto di magico. Questo è ciò che permette al bambino di
gestire le dinamiche tra dentro e fuori, tra l’immaginario e la realtà.
Ma
le affinità delle shiatsu con la psicoanalisi non possono spingersi oltre, dato
il carattere di “sintesi” dell’esperienza shiatsu che – come più avanti si
vedrà – ha a che fare più con l’arte che con la terapia. Quello che interessa
sottolineare è il carattere creativo dello spazio transizionale e come il
valore simbolico delle azioni e delle immagini nel gioco sia una potentissima
chiave interpretativa e di elaborazione della realtà.
Riguardo al ruolo dell’immaginazione nello shiatsu in una nota non firmata in TAO Shiatsu si legge:
Ki is ruled by the imagination. What you imagine exists in the ki-field
or in the ki-world. We may even say that what you cannot imagine does not exist
in the ki-world. Can you believe that? Can you imagine it? Please don't say:
"That's imaginary". It is reality[5].
Si
tratta di immaginazione empatica che sola permette di riconoscersi
nel bisogno dell’altro. “Kyo is not just a written philosophy. It is part of our way of life” e ognuno
di noi è portatore di un vissuto particolare che lo rende assolutamente unico.
Masunaga nel suo Zen per Immagini [6]
ci guida ancora oltre evidenziando i rapporti tra spazio di libertà e
gioco:
“Gioco vuol dire anche avere una certa libertà. Il bisogno di un po’ di
gioco non esiste solo per le cose viventi ma anche per le macchine. Quando le parti di una macchina sono legate troppo
saldamente, senza alcuno spazio tra loro anche un piccolo sobbalzo può causare
la rottura”
Il
presupposto è che ogni individuo sia un soggetto creativo, in grado di
costruire il suo mondo (il suo modo particolare di essere nel mondo) e non un
insieme di risposte a stimoli esterni, anzi – sempre secondo Masunaga - “la natura di base del nostro intelletto è
ricercare maggiore libertà e ulteriore sviluppo evolutivo”.
Arrivano
poi alcuni momenti nella vita in cui il
sistema di principi, credenze e di priorità su cui ci si è basati fino a quel
momento mostra delle incrinature, segni di sfaldamento.
L’interazione
in questi casi può assumere un carattere di grande profondità e l’immaginazione
empatica gioca un ruolo essenziale per poter entrare nella prospettiva che
permetta di cogliere tali messaggi:
The study of Kyo and Jitsu is intimately connected to
the study of Ki and therefore to fundamental questions about the nature of life
and the universe. Exploring the meaning of Kyo and Jitsu is therefore a
limitless one, bounded only by the limits of our imagination and our abilities
to develop our awareness through self-development.[7]
2° Caso Studio – Raniero: il
“codice dell’anima”
Raniero
ha 56 anni, altezza 1.77, magro e slanciato, radi capelli bianchi, occhi
castani, miope, porta gli occhiali, tono di voce pacato, caldo e profondo, mani
… “da Peter Pan”. Tono di voce e sguardo a volte si “opacizzano” rivolgendosi
all’interno. Conosce lo shiatsu attraverso precedenti esperienze e chiede di
ricevere dei trattamenti per alleviare la lombosciatalgia che da qualche tempo
lo affligge.
Avvocato,
legale d’azienda, sposato in giovane età, un solo figlio, anch’egli avviato
alla carriera di avvocato.
Elegante
nei modi e nel vestire, colto, ironico, profondo e introverso, pacato e
riflessivo, ama la letteratura, la storia, il cinema. Pratica il nuoto, la
bicicletta, la nautica e va a cavallo. Conduce una vita sociale ricca e
interessante, viaggia spesso per turismo.
Trasmette
un senso di benessere materiale e al tempo sesso una grande sobrietà. E’ una
persona “retta”, di saldi e sani principi sociali e politici.
La
forma fisica appare molto importante per lui e la comparsa di quei dolori alla
colonna lo ha sorpreso, non riesce ad accettarli e sono fonte di depressione.
Peraltro soffre di gastrite, ma non è un tema che lo occupa e lo preoccupa più
di tanto (è sotto controllo medico e l’alimentazione è tutta “affidata” alla
moglie), anche se lo disturba il reflusso gastroesofageo. Alcuni anni fa ha
subito l’asportazione della cistifellea a causa di calcoli biliari, ma non
sembra sentirne la mancanza.
Il
sonno è piuttosto leggero e il momento del risveglio è delicatissimo e critico
accompagnato da un profondo senso di angoscia.
Schema
dei trattamenti
Lo
schema che segue è solo esemplificativo della situazione energetica del
ricevente, non essendo stati rilevati volta per volta le reazioni ed i feedback,
infatti non si tratta di un vero e proprio ciclo in quanto
Raniero ha ricevuto regolarmente
trattamenti fino a maggio.
Raniero |
KYO |
JITSU |
Possibile
interpretazione in base a quanto
individuato di seguito |
27.10.04 |
VB |
ST |
Perdita di autocontrollo/
riappropriazione di sé, ricerca di radicamento, di riprendere la direzione |
03.11.04 |
V |
MC |
Esaurimento di forza,
inaridimento/rivitalizzare il Cuore tramite il contatto con le emozioni |
16.11.04 |
IC |
MC |
Impossibilità di lasciarsi
andare, perdita di vitalità / rivitalizzare il Cuore cercando di provare
emozioni |
3.12.04 |
MP |
IT |
Incapacità di
armonizzazione, senso di sfaldamento/ sforzo di assimilare qualcosa difficile
da razionalizzare e interiorizzare la
situazione emotiva |
15.12.04 |
IC |
IT |
Impossibilità di
lasciarsi andare, perdita di vitalità / difesa del Cuore cercando di
assimilare la situazione emotiva e
di interiorizzarla |
17.1.05 |
R |
VB |
Sprofondamento nella paura
e nell’angoscia/sforzo di mantenere o riprendere il controllo |
24.1.05 |
IC |
MC |
Impossibilità di
lasciarsi andare, perdita di vitalità / rivitalizzare il Cuore cercando di
provare emozioni |
2.2.05 |
C |
ST |
Senso di fragilità, mancanza
di stabilità e senso di morte/ fame
di vita, ricerca di nutrimento e di radicamento |
Fin
dal primo contatto a sorprendermi è stata l’energia fisica, la vitalità: la pratica
sportiva non mi aveva fatto intuire tanta freschezza, il vero indizio - a
ripensarci - avrebbero dovuto essere le mani. Altro aspetto sorprendente: una
straordinaria essenzialità, in totale contrasto con il mondo pieno di case e di
cose trasmesso a parole: dal punto di vista energetico sembra più un
adolescente che un uomo maturo.
I
trattamenti, tutti molto fluidi e naturali, con hara sempre disponibile, aperta e chiara, sono stati caratterizzati
da una grande facilità e da una forte intensità di contatto e da reazioni di
grande benessere fisico e psichico: distensione, stimolo e sollievo alla
lombosciatalgia, alla cervicale e al reflusso, i cui sintomi scomparivano per
riapparire qualche giorno dopo.
E’
da sottolineare il carattere complessivo del cambiamento: appare più alto e più
solido, la pelle più compatta e più luminosa (come se prima avesse una
sottilissima patina grigia e qualche segno di sfaldamento non percepibili a
prima vista), la luce degli occhi più intensa, meno rivolta all’interno; in
altre parole sembra che i trattamenti abbiano su di lui un effetto vivificante.
I
feedback più tipici hanno sempre riguardato la sensazione di benessere e il
desiderio di prolungarla il più a lungo possibile: osservazioni come “mi sento
come se avessi fatto qualcosa che da sempre avrei voluto fare”.
I
primi trattamenti sono andati avanti quasi senza usare la mente cosciente, ero
affascinata dalla naturalezza e dalla facilità del contatto.
Poi
ho cominciato a percepire la vastità e la profondità spazio-temporale del campo
energetico e, lasciando libera l’immaginazione, a udire echi lontanissimi di
battaglie, musica, urla e, emergendo da chissà quali angoli nascosti della
memoria …versi:
“…
e
intanto fugge questo mio tempo / e van con lui le torme delle cure / onde meco
egli si strugge…”
(Foscolo);
“Ahi quanto
presto stridono i venti, misti alla fredda pioggia autunnale”
(Titolo di un’opera di Fausto Melotti ispirata ad un duetto di Mendelsshon)
“..la melagrana
è il sangue, / sangue di cielo consacrato, / sangue di terra ferita dall’ago
dell’acquitrinio…La melagrana è la preistoria del sangue che portiamo,/ idea di sangue, racchiuso/ nel globulo duro e
agro,/dalla forma vaga /di cuore e di cranio.”
(Garcia Lorca)
Sono
comparsi anche odori forti di terra bagnata, di sangue, di foglie che
marciscono nel sottobosco, di brace nel camino e questi odori si sono
concretizzati in un’immagine, dapprima sfocata poi, man mano, sempre più
chiara: un cane da caccia, un bracco per l’esattezza.
I
versi no, ma questa immagine ho potuto
comunicarla scoprendo così una grande passione per i cani e come l’idea di
avere una natura in fondo canina (senza chiarire sotto quali aspetti) fosse ben
presente e radicata.
La natura canina, soprattutto se parliamo di
cani da caccia, è doppia: domestica e selvaggia, implica la fedeltà al padrone,
il rispetto dei ruoli e al tempo stesso libertà assoluta di movimenti,
l’inseguimento, fino allo stremo, della preda, il fiuto... era come se nei
trattamenti si evidenziasse soltanto questo ultimo aspetto, primitivo ed
essenziale, lasciando fuori dal setting tutto ciò che comporta l’inserimento di
una natura in qualche modo “selvaggia” nel contesto sociale.
Ripenso
alle sensazioni forti trasmesse ogni volta dai meridiani di Fuoco e a quella “forma vaga di cuore e di cranio” venuta
alla mente per libera associazione. Penso al Cuore che è ragione e sentimento,
che è senso e paradosso, spiritualità e intelletto, il nucleo centrale della
personalità, il sovrano da difendere a tutti i costi, al
Mastro in prima linea e al ruolo delle emozioni come ponte tra corpo e anima.
Ipotizzo
che le emozioni in quanto tali, prese allo stato quintessenziale, fungano per
lui da nutrimento e idratazione del Cuore, in altre parole lo tengano
letteralmente in vita, come l’ossigeno sott’acqua, in ambiente difficile;
immagino che cinema e letteratura – che si tratti di Proust o di sceneggiature
maldestre - siano il boccaglio da cui attingere l’ossigeno in mancanza di una
vita piena. Mi spiego così alcune scelte letterarie e cinematografiche
apparentemente non coerenti con la raffinatezza culturale e la sobrietà della
persona, come se in lui coesistessero materialismo storico e romanzo
d’appendice.
L’idea
è che nello shiatsu il contatto naturale e profondo con la parte “selvaggia” di
sé tramite il corpo liberi le
emozioni-ponte generando l’effetto vivificate. Anche in questo caso va
sottolineato il ruolo essenziale del contesto che, tra fiducia, serenità e
accoglienza , consente di aprire il campo energetico come spazio di libertà e
gioco per poter portare alla luce i nostri bisogni più urgenti.
L’ipotesi si conferma e si approfondisce nel
corso dei trattamenti e - sempre liberamente - porta alla coscienza un altro
aspetto della questione, questa volta attraverso la musica. Non mi rendo subito
conto di avere proprio quella musica
dentro, note familiari, ricche, stridenti, ma è Donna Elvira che canta “Ah, chi mi dice mai...”. Don Giovanni,
dunque, il mito di Eros e Thanatos , il seduttore che sfida le leggi umane
divine.
Siamo arrivati così alla ”ghianda” di Hillman [8]:
“l’immagine di un destino sta tutta stipata in una minuscola ghianda, seme di
quercia enorme su esili spalle. E la sua voce che chiama è forte e insistente e
altrettanto imperiosa delle voci
repressive dell’ambiente”.
Ma
quale Don Giovanni? Una figura nera, un colpevole giustamente punito, o l’eroe
solare, ebbro di vita e di gioia? Ad ascoltare Mozart si dimentica la parte
d’ombra e di furor panico emanata dal bel distruttore che brucia tutto al suo
passaggio e finisce col bruciare se
stesso, offrendosi alla distruzione. Questo dispendio senza freni, questa vita
bruciante si vive nella vertigine della morte.
Ecco
perché è così importante la voce del
“padrone”, ecco perché il matrimonio in giovanissima età: la vita “selvaggia”
che chiama e prorompe condanna alla solitudine e può bruciare. Ma di certo non
è accettabile nel mondo-salvagente dei rapporti sociali, quindi va vissuta “ a
gocce” e assolutamente “in privato”.
Ma
che prezzo! Il senso di colpa per essere un colpevole non giudicato (come
invece Don Giovanni), per non essersi assunto la responsabilità di invitare a
cena il Commendatore (“Pentiti!” “…No!” “Pentiti! “…No!” “Pentiti! “…No!”),
per aver in qualche modo sottratto, negato se stesso alle persone amate; vivere con la sensazione costante di non averla “fatta franca” di essere
braccato (di nuovo il bracco, ma come inseguitore).
Comincio
a spiegarmi il sudore discreto, privo di odore, che a volte imperla la fronte e
la schiena, il difficile rapporto con la fase del risveglio, che sembra
simboleggiare il passaggio tra la vita e la morte e penso alle torme delle cure che si addensano sulla
sua testa, ai venti che stridono, all’angoscia che generano, il
tutto scandito dal ritmo inesorabile del tempo.
Si
spiega anche il ruolo di Stomaco: la fame di vita che non trova nutrimento
adeguato, l’impossibilità di mettere “radici”, la fatica di mantenere la
direzione.
Del
resto siamo nel mito dove si mangia e si beve più che in qualunque altro, ma
anche quello dove sono sovvertite tutte le regole della convivialità.
L’oltraggio è un invito a cena e il convitato di pietra non mangia alla tavola
di Don Giovanni: “Non si pasce di cibo
mortale / chi si pasce di cibo celeste”. Si pensi che nella prima versione
(El Burlador de Sevilla di Tirso da
Molina del 1630) - il vivo partecipa a sua volta al pasto dei defunti, ma la
pietanza è immangiabile: viene servito su una tavola parata a lutto ciò che non
si mangia (scorpioni e vipere) e ciò che non si beve (fiele e aceto).
La
tavola imbandita non svolge il suo ruolo tradizionale di unione e
conciliazione: sovvertire l’ordine delle cose, prelude all’inghiottimento nella
grande bocca dell’inferno[9].
Quella
sera parliamo a lungo di Don Giovanni, dell’opera, del mito e questo ci aiuta a
far venire fuori il rapporto con la morte,
il senso di fine, di essere alla resa dei conti. Affiora la volontà di
rinunciare, di anestetizzare, ottundere quegli aspetti di sé che considera non
accettabili, ma anche la consapevolezza che questa scelta, come l’opposta,
significa la morte per “desertificazione”.
Lo
invito a riflettere su quanto la forza vivificante che tali aspetti trascinano
con sé possa essere benefica anche per chi gli sta intorno, come la musica di
Mozart ha illuminato il lato oscuro del mito.
Penso
che, se il dolore alla colonna si radica in questa divaricazione (la colonna è
la nostra struttura portante sia rispetto allo scheletro che al sistema
nervoso), occorrerebbe una ben diversa “presa in carico” del problema,
altrimenti destinato a non risolversi, o meglio un cambio di paradigma.
Trovo
supporto nella mia personale esperienza nell’affrontare una recidiva e in Masunaga
che, sulla scorta degli antichi maestri cinesi, paragona il ruolo del Cuore a
quello dell’imperatore:
“Come succede
nella realtà, quando questo ruolo non può essere mantenuto a lungo
dall’imperatore, avviene una rivoluzione. Il vecchio imperatore decade, uno
nuovo prende il suo posto…in modo analogo…
l’individuo ha allora un cambiamento di vita e “gira pagina””[10].
Purtroppo l’approccio materialistico e
razionalistico di base non facilita l’accettazione della visione integrata del
corpo, malgrado l’esperienza fatta (Raniero è rimasto estremamente colpito
riconoscendosi sia nel bracco che nel Don Giovanni) ed il percorso appare
troppo lungo e incerto, la visione "poco razionale” ed esogena rispetto al
problema , non giustificando l’investimento di forze (il deserto avanza).
I
trattamenti continuano, ma nell’ultimo mese e mezzo i dolori sono peggiorati
sempre più e Raniero è ora bloccato da un’ernia del disco e deve decidere come
affrontarla. L’augurio è che sia
un’occasione preziosa per ascoltarsi ed interpretarsi in una chiave nuova.
LO SHIATSU COME ARTE
La
dimensione spazio-temporale del campo energetico include quindi operatore e
ricevente con tutto il loro carico di vissuto, ma anche con il progetto di cui
sono portatori.
E’questo
filo che, legando all’interno della situazione il passato con il futuro come
possibilità, permette l’apertura dello spazio di gioco e ripristina quel senso
di onnipotenza che da bambini ci faceva sentire di poter far accadere
magicamente le cose.
Cosa
accade in realtà attraverso il contatto nello spazio aperto dallo shiatsu?
L’intenzione
dell’operatore, la particolare connotazione emotiva che la situazione assume,
la figura immaginata, le parole chiave, la musica e qualsiasi elemento che
emerga durante il trattamento, modificano profondamente il tipo contatto e ne
orientano l’efficacia rispetto alla possibilità di riconoscersi in esso da
parte del ricevente, le cui azioni e reazioni energetiche costituiscono insieme
risposta e indicazione per procedere.
Questo
specchiarsi/riconoscersi costituisce nello shiatsu il presupposto per il
cambiamento e per l’avvio di un percorso di arricchimento reciproco e costruzione del senso.
Ma
proprio in quanto l’azione si connota come rispecchiamento tanto più perde le
sue caratteristiche di azione: non si tratta di far accadere le cose, siamo di
fronte ad un lasciar accadere le cose.
L’evento
che accade è il manifestarsi, il venire alla luce, del mondo della persona
(operatore e ricevente).
Ma
allora perché l’arte? Di seguito se ne evidenziano alcune prospettive
Il
carattere del fare. Il
“fare” dell’artista in fondo non consiste affatto – come si potrebbe pensare -
nel dare forma alla materia bruta quanto piuttosto, almeno nella grande arte,
proprio nel dischiudere il mondo ai
sensi e alla comprensione
Non
si spiegherebbe altrimenti perché ancora oggi rimaniamo a bocca aperta - ad
esempio - davanti ad un tempio greco, se non in quanto sopravvive fino a noi -
tramite la sintesi artistica - il senso del sacro che all’origine si doveva
rivelare:
“il
tempio in quanto opera dispone e raccoglie intorno a sé l’unità di quelle vie e
di quei rapporti in cui nascita e morte, infelicità e fortuna, vittoria e
sconfitta, sopravvivenza e rovina delineano la forma ed il corso dell’essere umano
come destino” [11].
L’unicità dell’opera.
Si accennava sopra al fatto che ogni persona è assolutamente unica, ma questa
considerazione vale altrettanto per i trattamenti: ognuno di essi è
assolutamente unico e non replicabile, in quanto da un lato legato indissolubilmente
alla situazione (alle persone ed al contesto esterno e interno), dall’altro
all’evento, al messaggio di cui è portatore ed il cui valore può travalicare la
situazione. Parimenti l’opera d’arte
(prendiamo sempre il tempio) è nata in un particolare luogo in un particolare
momento ed in un particolare contesto, ha un determinato autore ed è portatrice
del rivelarsi di un evento che non cessa di accadere e quindi non è
riproducibile così come è.
Il carattere della sintesi
dell’esperienza. L’aprirsi del mondo avviene attraverso una particolare sintesi dell’esperienza (il molteplice
ricondotto ad unità) che richiama la
sintesi artistica in quanto non avviene immediatamente per concetti, ma è
simbolica e creativa nel senso che illumina il soggetto di un luce diversa, scopre un punto di vista e dà
il via ad un processo logico-concettuale che ne consentirà gli approfondimenti.
Sarebbe interessante esplorare il carattere
creativo della metafora, a torto per lungo tempo considerata specchio della metafisica[12]
. Basti per ora accennare come esempio al gioco della correlazione tra le
funzioni dei meridiani ed alle mille forme e colori che esso prende quando lo si inquadra nella fotografia della
personalità.
L’aprirsi
del mondo significa quindi interpretazione e, in ultima analisi, conoscenza.
Come
si accennava in premessa, la dimensione simbolica e creativa e quindi estetica,
è sempre presente in ogni atto conoscitivo e persino percettivo, in quanto alla
base di queste facoltà c’è un costante ed inconsapevole meccanismo
interpretativo: non la percezione di un oggetto dato al di fuori di noi come
soggetti, ma la costruzione di esso attraverso le relazioni delle parti.
Ogni
“vedere”, in altra parole, è una metafora, un “vedere come…”, proprio come
accade quando riconosciamo nella figura sfocata in lontananza una persona nota:
ne percepiamo, senza neanche saperlo, il tipico incedere, alcuni colori, una
sagoma di un certo tipo e con essi costruiamo letteralmente l’insieme.
Lo
stesso meccanismo di natura squisitamente estetica è d’altronde alla base della
formulazione delle ipotesi, punto di partenza di ogni scoperta scientifica.
Solo
che non ce ne rendiamo conto e dobbiamo trovare luoghi e momenti privilegiati
per tornare a sentire, per riappropriarci della libertà di interpretare.
L’arte
è il primo di questi luoghi, il più puro, ma molti sono gli ambiti con
caratteristiche analoghe, come le arti marziali, la psicoanalisi, o la medicina
rispetto ai quali lo shiatsu trova ideale
complementarità.
Si
pensi ai quadri di disarmonia
e ed ai paesaggi corporei,
alle configurazioni dei segni che li delineano in maniera sempre più articolata
e sfumata, della Medicina Tradizionale Cinese.
Kaptchuck
caratterizza il processo diagnostico del medico cinese come un raccogliere e
tessere insieme le parti di un quadro per arrivare ad un tutto che colga la
complessità dell’individuo e, all’inverso, come vedere il tutto in una singola
parte. Nella complementarità dei due
procedimenti è l’arte:
“poiché il tutto è sempre
maggiore della somma delle parti e raramente la somma delle parti è sufficiente
a catturare l’unicità del tutto, il medico
deve accostarsi a ogni paziente con un giudizio clinico e una sensibilità che ricordano le discipline
artistiche della civiltà cinese. All’artista cinese non interessa tanto la
realtà fisica del cavallo, della montagna o del fiore che sta dipingendo,
quanto catturare lo spirito di ciò che ha di fronte. L’essenza di un dipinto è
contenuta in ogni pennellata ”[13].
Certo,
come operatori shiatsu non disponiamo dell’apparato teorico e degli strumenti
terapeutici della medicina, ma il processo qui descritto e soprattutto la
sensibilità con cui ci si accosta alla persona
ci riguardano davvero da vicino.
Tornando
all’arte, ecco cosa dice Heidegger nella sua famosissima descrizione di un
quadro di Van Gogh che rappresenta un paio di scarpe da contadino:
“Nell’orificio oscuro dall’interno logoro si
palesa la fatica del cammino percorso lavorando. Nel massiccio pesantore della
calzatura è concentrata la durezza del lento procedere lungo i distesi ed
uniformi solchi del campo, battuti dal vento ostile. Il cuoio è impregnato
dell’umidore e del turgore del terreno. Sotto le suole trascorre la solitudine
del sentiero campestre nella sera che cala. Per le scarpe passa il silenzioso
richiamo della terra, il suo tacito dono di messi mature e il suo oscuro
rifiuto nell’abbandono invernale. Dalle scarpe promana il silenzioso timore per
la sicurezza del pane, la tacita gioia della sopravvivenza al bisogno, il
tremore dell’annuncio della nascita, l’angoscia della prossimità della morte.
Questo mezzo appartiene alla terra e il mondo della contadina lo custodisce.(…)
Ma forse questo non lo vediamo che noi nel quadro. La contadina, invece porta
semplicemente le sue scarpe ... essa sa tutto questo senza bisogno di
osservazioni e considerazioni.”[14]
[1] Giulia Boschi, “La Radice e i Fiori” Casa Editrice Ambrosiana, II Ed. 2004
[2] Ludwig
Wittgenstein, Ricerche Filosofiche,
Einaudi, 1980
[3] Ludwig
Wittgenstein, Op.Cit.
[4] Donald Woods Winnicott “Gioco e Realtà” Armando ed. 1999
[5] “The Heart of Kyo-Jitsu Diagnosis in Eastern Medicine” in Tao Shiatsu
http://www.taoshiatsu.com/_2005/note_4.html
[6] Shizuto Msunaga “Zen per Immagini”, Mediterranee, 1996
[7] Clifford
Andrews “Kyo and Jitsu: a central concept
in Shiatsu energy work” in http://www.shiatsucentre.net This article was first published in the Shiatsu Society
News - Summer 2001, Number 78
[8] James Hillman “Il codice dell’Anima” , Adelphi Edizioni, 1997
[9] Jean Rousset, “Il mito di Don Giovanni” Pratiche editrice, 1980
[10] Shizuto Masunaga “Zen per Immagini”, Mediterranee 1996
[11] Martin Heidegger “L’origine dell’opera d’arte” in “Sentieri interrotti”, La Nuova Italia, 1979
[12] Jacques
Derrida, La mythologie blanche, in Marges de la Pholosophie, Minuit,
1971 ; Paul Ricoeur, La metafora viva, Jaca Book, 1976
[13] Ted J. Kaptchuk, “Medicina Cinese” Edizioni
Red, 2002
[14] Martin Heidegger, Op. cit. La
raccolta di saggi che contiene L’origine
dell’opera d’arte ha un titolo suggestivo: Holzwege: riporto la spiegazione
fornita dallo stesso autore al traduttore. “Nel
bosco (Holz) ci sono sentieri (Wege) che sovente ricoperti di erbe, si
interrompono improvvisamente nel fitto. Ognuno di essi procede per suo conto,
ma nel medesimo bosco. L’uno sembra sovente l’altro: ma sembra soltanto.
Legnaioli, guardaboschi li conoscono bene. Essi sanno che cosa significa
trovarsi su un sentiero che, interrompendosi svia”.